25/26 agosto
Wooloomooloo, la parola con più “o” al mondo, oltre ad essere una di quelle che mi ha divertito di più, è un quartiere di Sydney. Si trova tra Potts Point e i Royal Botanic Gardens ed è stata la meta del mio ultimo giorno in città. Non ha nulla di speciale o, come direbbe una mia cara amica, di imperdibile, eppure le villette a due piani schiacciate le une alle altre, le piazzette alberate, i piccoli bistrot, i murales, la gente rilassata, il mantra “no worries” che sprizza loro da tutti i pori mi hanno affascinato.
Dopo aver girovagato un po’ abbiamo raggiunto la St. Mary Cathedral, principale chiesa di Sydney, in stile gotico, iniziata nel 1869 e terminata nel 1828. E’ immersa in un bellissimo parco alberato con l’erbetta fresca, quasi fragrante. Al limitare del parco un grande giardino giapponese con giochi d’acqua e cascatelle, e proprio di fronte alla Cattedrale il Bodhi Bar and Restaurant, che fa tapas orientali. (Idea fantastica perché in Italia non ci abbiamo ancora pensato?!)
Mi sono seduta sul pratino, ho camminato in mezzo alla gente, ho mangiato tapas di sushi di fronte a St Mary e cheesecake alla ricotta in un caffè di The Strand Arcade, centro commerciale del 1891 tutto legni, mosaici e vetrate colorate, mi sono fermata a guardare gli artisti di strada. Che città. Non è la più bella che io abbia mai visto, eppure solo qui e a New York ho avvertito quella sensazione di familiarità totalmente ingiustificabile visto che ci sono stata solo 4 giorni, che ti fa dire “potrei vivere qui, e bene”.
Sono rientrata in hotel, il Mercure Potts Point 4 stelle (doppia con bagno circa 130 euro a notte. Per noi 60 con, ma che ve lo dico a fare, Trivago) giusto prima del tramonto. Ottima idea, perché la vista dal letto era questa, e il sentimento nel cuore era ” non voglio andare via”.
Ma la tristezza non ha fatto in tempo a mettere radici. Dopo un paio d’ore ero a Surry Hills: ottima cena e chiacchiere ancora migliori con Cherrylin e Yolima, esempi di come a Sydney e in Australia le persone siano meravigliose.
Il “non voglio andare via” a questo punto si è ovviamente acuito. Ma il letto è supercomodo e le luci della città mi non mi fanno essere triste. Domani si parte. Il nastro è finito e non si riavvolge. Ma è pieno di emozioni, incontri, vita. Ed è quello che conta.
Alexis Paparo